di Francesco Bottaccioli
In letteratura scientifica si chiama “vaccine hesitancy”, incertezza sul vaccino. Da non confondere con il rifiuto a priori del vaccino, comunemente conosciuto come Novax. Gli incerti sulla vaccinazione contro SARS-CoV-2, stando alle numerose inchieste nazionali, sono una fetta importante delle popolazioni delle democrazie occidentali, le quali, fino ad ora, non hanno imposto l’obbligo vaccinale. L’ultima indagine è del 29 dicembre pubblicata su JAMA e ha riguardato un campione rappresentativo della popolazione statunitense, di cui si è sondata l’opinione nei mesi di aprile, novembre e dicembre 2020 https://jamanetwork.com/journals/jama….
La percentuale degli americani, abbastanza e completamente d’accordo con la vaccinazione, è scesa dal 74% al 56%. Un americano su due quindi, oggi, ha problemi a vaccinarsi, ma, soprattutto, in questi mesi, a fronte del crescere dell’epidemia e dell’avvicinarsi della disponibilità del vaccino, la percentuale, invece che salire, è scesa e di brutto. Un trend che dovrebbe far riflettere a fondo le autorità sanitarie e politiche non solo statunitensi. Che è successo? I commentatori concordano nel dire che non è piaciuta all’opinione pubblica l’autorizzazione ai vaccini Pfizer e Moderna adottata con la procedura emergenziale e cioè senza tutte le garanzie e i controlli usuali.
A ciò vanno aggiunte le notizie sulle sperimentazioni degli altri vaccini. Emblematica l’esperienza di Astra Zeneca, che in novembre dichiarò di aver concluso la fase tre e di aver ottenuto una percentuale di efficacia che è la media di due trial: uno più grande, fatto con le due dosi regolamentari, che è andato davvero maluccio e l’altro più piccolo che, casualmente, con una dose e mezzo, è andato alla grande. Di fronte a questo risultato singolare, l’azienda ha annunciato di riprendere la sperimentazione, per capire meglio. Tuttavia, stamattina 30 dicembre, è arrivato l’annuncio che l’autorità sanitaria inglese ha autorizzato il vaccino Astra Zeneca. Un paradosso che ha raggiunto il ridicolo poiché non è chiaro, stando al giornale britannico The Guardian, se la vaccinazione, che inizierà subito in Inghilterra, si farà con la dose e mezzo o con le dosi intere.
Consiglio: sarebbe davvero inaccettabile – e aumenterebbe di molto la “hesitancy”- che, tramite la solita porta di servizio inglese, come è avvenuto per Pfizer, venisse autorizzato, per le vie brevi, anche da noi il pasticcio Astra Zeneca.
La nostra agenzia regolatoria, AIFA, nel suo sito, ha messo nero su bianco tutte le domande degli esitanti con le dovute risposte. È certamente una buona iniziativa, ma alcune risposte proprio non vanno.
La prima riguarda le persone con una storia di allergie gravi. L’AIFA scrive che una persona in queste condizioni dovrebbe farsi consigliare dal medico. Chiedo: quali elementi in più avrebbe il medico di base rispetto a quelli in possesso di AIFA per consigliare il proprio paziente? Consiglio: sarebbe logico che l’AIFA sconsigliasse la vaccinazione, in questa fase, a tutte le persone che hanno una storia di allergia seria, in attesa di dati più attendibili.
Proseguiamo. L’AIFA dice che non ha elementi sugli effetti avversi del vaccino su persone con patologie autoimmuni. Però, nonostante ciò, conclude che queste persone possono vaccinarsi! Consiglio: sarebbe logico che l’AIFA consigliasse che le persone con autoimmunità, per ora, in attesa di dati più certi, non dovrebbero essere vaccinate. Infine, AIFA giustamente sconsiglia la vaccinazione a chi è entrato in contatto con il virus. Immagino a causa della considerazione scientifica che un potenziamento eccessivo della risposta anticorpale, di per sé, non è una buona cosa, come documentano diversi studi.
Ultimo consiglio: sarebbe logico che, vaccinando in piena pandemia e quindi con molti positivi al virus asintomatici inconsapevoli, tutti i vaccinandi siano preventivamente sottoposti a tampone per verificarne la positività. In caso di positività, per analogia e prudenza, pare logico che queste persone non dovrebbero essere vaccinate.
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