di Anna Giulia Bottaccioli
Il recente editoriale apparso su Jama l’11 febbraio a firma Anthony Fauci e colleghi è un ampio commento ai recenti lavori di letteratura sulle varianti genetiche del SARS CoV2 che si stanno espandendo a macchia d’olio nel pianeta. L’ultima scoperta in ordine temporale a gennaio scorso è la variane Sud Californiana, denominata dagli scienziati 20C/S:452R e presenta 3 mutazioni sulla proteina Spike che conferiscono maggiore capacità di ingresso nella cellula ospite e quindi maggiore contagiosità e, forse, maggiore virulenza. La famigerata e temuta variante inglese B.1.1.7 contiene ben 8 mutazioni della proteina Spike e presenta una contagiosità dal 30% all’80% superiore al ceppo virale originario di nuovo coronavirus.
La variante Sudafricana, B.1.351, presenta 9 mutazioni a livello della Spike e sembra essere più resistente all’immunoterapia con siero da paziente convalescenti e da soggetti vaccinati. I dati ci dicono che la produzione di anticorpi neutralizzanti (quelli cioè in grado di sconfiggere l’infezione) si abbassa dalle 6 alle 10 volte nei soggetti che incontrano il SARSCoV2 sudafricano e sono stati trattati con plasma convalescente oppure vaccinati. Fortunatamente la risposta immunitaria innescata dai vaccini è molto elevata (almeno per quelli più studiati, ovvero Pfizer e Moderna) per cui, a detta degli Autori dell’articolo, la produzione di anticorpi residua dovrebbe essere sufficiente a combattere anche l’infezione a variante Sudafricana.
Rispetto ai farmaci monoclonali, di cui recentemente l’AIFA ha autorizzato l’uso in emergenza, gli studi dicono che la variante Sudafricana risulta essere quasi totalmente resistente a questo tipo di trattamento, proprio perchè è la variante che possiede il numero più alto di mutazioni genetiche per la proteina Spike. Non ci sono ancora sufficienti dati per dire che le due varianti, Inglese e Sudafricana, siano più virulente ed associate a maggiore mortalità. Sul fronte vaccini, ancora non abbiamo dati definitivi rispetto all’efficacia sulle varianti di virus.
I due ultimi vaccini in corso di sperimentazione, ad adenovirus Janssen e a proteine ricombinanti Novavax, mostrano uno spettro di efficacia variabile, sicuramente peggiore per la variante Sudafricana, con un tasso di efficacia attorno al 57-60%. I vaccini autorizzati Pfizer e Moderna sembrano essere efficaci contro la variante inglese, mentre registrano difficoltà sulla variante africana, come anche Astra Zeneca. I rappresentanti delle aziende produttrici hanno dichiarato nelle ultime settimane che stanno lavorando alla produzione di nuove varianti di vaccini adatte alla variante Sudafricana, o in alternativa avrebbero proposto una terza dose di richiamo per “irrobustire” la risposta immunitaria (probabilmente ignorando i meccanismi di risposta immunitaria e di evasione della risposta virale…).
Staremo a vedere, la battaglia è apertissima e la vittoria ancora lontana, ma accanto alla ricerca sui vaccini serve molto altro per riorganizzare la sanità e la cura delle persone. Ne parliamo con Francesco Bottaccioli nel nostro libro “Nutrire l’immunità contro Covid-19” in uscita il 28 Febbraio. (fonte: Mascola JR, Graham BS, Fauci AS. SARS-CoV-2 Viral Variants-Tackling a Moving Target. JAMA. 2021 Feb 11. doi: 10.1001/jama.2021.2088. Epub ahead of print. PMID: 33571363.)