Marco Chiera – Master Pnei e scienza della cura integrata Università dell’Aquila, Commissione Nazionale SIPNEI Discipline Corporee
Uno studio appena pubblicato su Science Advances ha trovato diverse evidenze che rafforzano la connessione fra microbi e patologie neurologiche, nello specifico fra il P. gingivalis (tipico della parodontite cronica) e l’Alzheimer. In particolare:
- nel cervello di persone decedute con Alzheimer una maggiore concentrazione di “gingipains”, particolari proteasi rilasciate dal gingivalis per approvvigionarsi di nutrienti e svolgere la sua azione patogena, rispetto al cervello di persone decedute senza segni di demenza;
- una correlazione delle gingipains con i livelli di proteina tau (marker utile per definire la gravità della demenza nell’Alzheimer) e di ubiquitina (marker della degradazione proteica) sia nelle persone decedute con Alzheimer, ad indicare la presenza della malattia, sia in coloro senza demenza, ad indicare invece forme di Alzheimer pre-clinico;
- la presenza del DNA del gingivalis nel fluido cerebrospinale di pazienti vivi con Alzheimer;
- la capacità delle gingipains di frammentare la proteina tau favorendo la formazione di aggregati neurofibrillari;
- la tossicità della proteina β-amiloide per il gingivalis, a conferma di studi passati sulla sua attività antimicrobica.
Naturalmente è sorta la questione: l’Alzheimer è causato dal P. gingivalis o questo microbo è solo un co-fattore? Come si può vedere dall’editoriale apparso su Science, vi sono opinioni contrastanti anche a fronte di studi con esiti discordanti (non sempre pazienti con Alzheimer hanno problemi di parodontite e altri studi hanno trovato altri microbi).
Tuttavia, per la PNEI cambia poco fra le due alternative: l’attività di un singolo microbo è infatti influenzata dall’intero microbiota, e quindi dalla nutrizione della persona, così come dallo stato del sistema immunitario, su cui agiscono tutti i vari fattori psicosociali (es.: stress, solitudine). Questo studio conferma però l’importanza di assicurarsi una buona salute buccale, che ricordiamo utile anche per ridurre il rischio di patologie autoimmuni come l’artrite reumatoide e, nelle donne, per favorire una buona colonizzazione microbica fetale (e quindi, una miglior vita adulta).