Microbiota intestinale e Alzheimer …

pubb. venerdì, 2 Giugno, 2023


Microbiota intestinale e Alzheimer …

di Mauro Bologna

In tema di microbiota intestinale si scoprono sempre più interazioni di rilievo con lo stato di salute. Una popolazione microbica poco diversificata e magari sbilanciata verso un forte contenuto di ceppi svantaggiosi, con influssi pro-infiammatori, può determinare vari problemi, tra cui sono comprese anche le affezioni cerebrali di tipo neurodegenerativo, come la demenza di Alzheimer.

Un vasto studio promosso dall’Università del Nevada, pubblicato su Scientific Reports (vedi riferimento), ha indagato le relazioni tra malattia di Alzheimer e batteri intestinali nel Microbiota umano.

Il microbiota intestinale influenza la salute cerebrale mediante la secrezione di tossine e di acidi grassi a catena corta, che modulano la permeabilità intestinale ed influiscono su numerose funzioni immunitarie. Gli studi osservazionali indicano che i pazienti affetti da demenza di Alzheimer (DA) hanno una ridotta diversificazione del Microbiota intestinale, che potrebbe contribuire alla patogenesi della malattia.

Individuando la base genetica della composizione del Microbiota con i sui effetti cerebrali, si potrebbero identificare alcune modificazioni dello stile di vita e si potrebbe influire, di conseguenza, sul rischio individuale di tale malattia. Sfruttando i dati di un vastissimo studio sulla composizione microbica del Consorzio di ricerca MiBioGen, gli autori della ricerca hanno elaborato un punteggio di rischio poligenico che coinvolge 119 generi di batteri nell’associazione o meno con la DA.

Dopo complesse analisi di correlazione, si è giunti alla conclusione che 20 generi microbici (tra cui Collinsella Veillonella) sono legati ad un rischio elevato di DA, mentre ne sono stati identificati 14 (tra cui il ceppo Eubacterium fissicatena) che sono invece legati ad un rischio ridotto di DA.

In particolare, il genere Collinsella risulterebbe fortemente proinfiammatorio e connesso con alto rischio di DA, soprattutto se collegato con una predisposizione genetica individuale per presenza di un allele  APOE rs429358.

Complessivamente, i dati pubblicati nello studio indicherebbero che un Microbiota con forte valenza pro-infiammatoria potrebbe promuovere la DA attraverso un’interazione con APOE.

In via pratica, si potranno individuare ceppi batterici favorevoli con cui preparare integratori microbici che possano arricchire il Microbiota di ceppi benefici e sostenere quindi una terapia che rallenti la comparsa di DA, anche in soggetti geneticamente predisposti.

 

——— Riferimenti ——

 

Cammann, D., Lu, Y., Cummings, M.J. et al. Genetic correlations between Alzheimer’s disease and gut microbiome genera. Sci Rep 13, 5258 (2023). https://doi.org/10.1038/s41598-023-31730-5

 

https://www.nature.com/articles/s41598-023-31730-5





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