TAGLIARE LA TESTA DEL PATRIARCATO

pubb. martedì, 28 Novembre, 2023


TAGLIARE LA TESTA DEL PATRIARCATO

Francesco Bottaccioli

Recentemente, In TV su la 7, Tommaso Montanari, in un discorso pienamente condivisibile, ha evocato la statua del Bernini, Apollo e Dafne, che rappresenta uno stupro, di cui per altro abbondano i miti greci e romani. L’ ha fatto per stigmatizzare la natura violenta del potere maschile sulle millenarie relazioni sessuali e affettive uomo-donna. Ascoltandolo, mi è venuto in mente un altro mito, Giuditta che taglia la testa di Oloferne, rappresentato da grandi artisti come Caravaggio e Artemisia Gentileschi contemporanei del Bernini.

Nel Novecento, in tutto l’Occidente c’è stato un movimento, che ha ripreso (metaforicamente) il messaggio di Giuditta: il movimento femminista, che ha allungato lo sguardo sul piano storico e lo ha approfondito su quello delle radici, trovando nella millenaria costruzione del patriarcato la causa e la casa della sofferenza, dell’umiliazione e della soggezione femminile. Da questa radicalità sono derivati come “effetti secondari” le conquiste politiche, dal diritto di voto al diritto di disporre della propria libertà (aborto, divorzio, diritto di famiglia), che hanno dato una spinta in avanti a tutta la società, aumentando anche il numero di maschi critici, sul piano culturale e su quello pratico (lavoro domestico, accudimento dei bambini, gentilezza nei rapporti, stima reciproca), del patriarcato. Negli ultimi decenni, il femminismo è stato fatto oggetto di una campagna capillare di denigrazione con l’intento di screditarlo per fiaccare la sua diffusione sociale e soprattutto per impedirne la trasmissione alle nuove generazioni. Mi ricordo che quando, oltre 40 anni fa, mi sono innamorato di una femminista, con la quale ho poi costruito una famiglia che ancora dura, i miei compagni erano increduli e preoccupati. Per loro le femministe volevano eliminare i maschi. In realtà, il femminismo vuole abbattere il patriarcato e, in questa lotta, aiuta, dà coraggio anche a quella minoranza di maschi ribelli al patriarcato. Quando oggi si evoca la necessità di una ribellione maschile, non vorrei che si dimenticasse che nella dialettica servo-padrone è l’oppresso che deve sollevarsi, è Giuditta che (metaforicamente) deve prendere il coltello in mano. Ed è da qui che si scompagina il campo avverso, quello maschile. Non vorrei insomma che il lancio della palla nel campo maschile fosse l’ennesima operazione di rimozione del femminismo. Crescerà il numero e la forza dei maschi ribelli se il femminismo tornerà in campo. Altrimenti avremmo fatto solo dei bei discorsi consolatori e il servo, la serva, rimarrà tale.

Consigli di lettura

Bourdieu P.  (1998) Il dominio maschile Feltrinelli, Milano

Volpato C. (2013) Psicosociologia del maschilismo, Laterza, Roma-Bari

PS Questo testo è stato scritto prima delle grandi manifestazioni del 25 novembre scorso, che hanno riportato in piazza centinaia di migliaia di donne e anche di uomini, il che fa ben sperare (F.B.)

 





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